La metafisica descrittiva di Giuseppe Caputo
Ho conosciuto Giuseppe Caputo qualche anno fa, durante una delle mie frequenti incursioni in terra di Calabria, ad un Corso di aggiornamento sull’illustrazione. Mi ha condotto nel suo studio a Roggiano Gravina, e, timidamente, mi fatto vedere i suoi lavori. Mi hanno subito affascinato la raffinata eleganza dei suoi acquerelli dagli intensi cromatismi e dagli originali tagli compositivi; mi ha affascinato quel suo saper ricreare atmosfere, quella sua contaminazione tra la tradizione iconica degli impressionisti, la pittura metafisica e l’arte popolare, a volte vagamente naif. Mi ha affascinato soprattutto la sua straordinaria capacità di narrare, di raccontare le esperienze e la vita, microcosmi e macrocosmi. Narrare per immagini è prerogativa dell’illustrazione, e Caputo è pittore che sa farsi anche illustratore perché non si limita a trasmettere emozioni: sa raccontare. Aldo Riso, in un breve ma illuminante intervento critico, lo ha giustamente definito “pittore narrativo”. Lo vediamo nei “sassi di fiume”, colorati, metafisici in quel loro sapiente gioco di luci ed ombre; nell’abbraccio delle due zebre che sembrano fondersi in un’unica figura; nei ritratti dei bimbi e nell’intesa espressione dei loro volti; nelle marine e nei paesaggi, spesso inquadrati in un tondo (l’occhio dell’artista) che ci parlano della vita ed in cui ritrovo lo stesso fascino iconico delle illustrazioni dell’inglese Michael Foreman.
I suoi acquerelli appartengono alla migliore tradizione figurativa italiana, appartengono alla dimensione naturalistica dei paesaggisti, ma sarebbe un errore pensare a Caputo come ad un pittore di maniera. Giuseppe cerca sempre di andare “dentro” le cose. Cerca l’interiorità. Perché anche le cose, anche gli oggetti, i fiori, le barche, le onde, hanno un’anima. Ed è quella che Caputo vuole rappresentare e raffigurare. Lo fa con la forza espressiva del colore: un cromatismo mediterraneo reso attraverso tonalità calde e solari, i gialli intensi, gli aranciati, i rossi; lo fa con le “vibrazioni cangianti” della luce,; lo fa selezionando le forme del reale con efficaci tagli compositivi. Riconduce così le immagini allo loro geometrica essenzialità: linee che si incontrano e si combinano in una perfetta armonia, raggiungendo una purezza quasi mistica. Ecco uno scorcio della laguna veneziana, con l’interessante gioco di riflessi nell’acqua, ecco li profili di barche legate alla banchina e colte in suggestive inquadrature, Ecco infine le due facce di un bambino e di una bambina dai grandi occhi neri e vuoti - Pinocchio e Cappuccetto Rosso, simboli e maschere dell’infanzia dell’uomo e del tempo mitico delle fiabe - dipinte su un ipotetico muro.
Potremo parlare allora per definire la pittura di Caputo di una metafisica descrittiva,
Le sue sono icone interiori, rappresentazioni simboliche del reale. Caputo scava dietro le apparenze per trovare il senso più profondo dell’esistere. Nei suoi paesaggi – l’avete notato? – l’uomo è assente. Forse volutamente, ad indicare la solitudine esistenziale che caratterizza questo nostro tempo. E questa metafisicità della solitudine è rappresentata dalle Inquietudini e dai silenzi dei grandi spazi aperti dove si incontrano cielo e mare e su cui si stagliano i primi piani degli alberi o teorie di ombrelloni e sedie sdraio rigorosamente chiusi in una spiaggia deserta.
E questo bisogno d andare all’essenza delle cose è presente anche nella serie floreale. I suoi fiori, colti sempre in primo piano, sembrano ripresi col teleobiettivo, sbocciati, aperti quasi a volerne rivelare la loro natura più intima e nascosta. Caputo sceglie accuratamente i particolari, li ingrandisce per scoprirne niove forme.
C’è in questi acquerelli, sentito, commosso, l’amore di Caputo per la sua terra, per la Calabria, c’è il desiderio di pensarla bella e ancora incontaminata.
La sua ricerca artistica oggi si muove in nuove direzioni. Dietro mio suggerimento, si cimenta con successo nell’illustrazione e viene selezionato al Concorso internazionale “Stepàn Zavrel” promosso dall’Associazione Culturale IRFEA di Cassano Jonio. La sua pittura acquista matericità, l’acquerello si contamina con inserti acrilici realizzati a spatola (le farfalle posate sui fiori) creando suggestivi effetti di contrasto e con l’so di altri materiali come il nero piombo. E anche il segno raggiunge un maggior livello di astrazione. “Mi piace mescolare le tecniche” mi confida l’artista:. Con questa nuova modalità espressiva che si rivela particolarmente interessante, Caputo continua .a dimostrarsi attento testimone della sua cultura, sociale ed antropologica, testimone del suo tempo e della nostra storia.
Livio Sossi
Docente di Storia e Letteratura per l’infanzia
Università degli Studi di Udine